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Giovanni Pascoli (1855-1912) è uno dei maggiori poeti italiani. Nato in una famiglia numerosa, vive un’infanzia in campagna, nella tenuta dove il padre lavora come fattore. Quando ha undici anni il padre viene assassinato e questo episodio dà il via a una serie di drammi familiari che segnano la sua esistenza: nel giro di qualche anno, infatti, muoiono anche la madre, una sorella e due fratelli. La famiglia, che già stava subendo un tracollo finanziario dalla morte del padre, si disgrega del tutto. Giovanni, tuttavia, ottiene una borsa di studio e si iscrive a Lettere a Bologna, dove ha come professore Carducci. Dopo l'università diventa insegnante, prima di Liceo, per poi passare alla carriera universitaria. Il poeta dedica la sua esistenza alle sorelle, verso le quali nutre sentimenti paterni, nel tentativo di ricostruire in qualche modo il nido familiare che gli è stato sottratto, senza mai farsi una famiglia propria.
Pascoli afferma che il poeta è colui che sa dare voce al “fanciullino”, cioè a quella parte ingenua e spontanea che continua a vivere dentro di lui anche dopo la fine dell’infanzia e a cui egli sa dare ascolto, mentre le altre persone crescendo se ne dimenticano. Il poeta, dunque, è colui che guarda al mondo e alla natura con gli occhi ingenui di un fanciullo che si stupisce di fronte alle piccole cose e sa cogliere somiglianze che sfuggono allo sguardo dell’uomo adulto. Parla alle bestie, agli alberi, ai sassi, alle nuvole, alle stelle, piange e ride senza perché di cose che sfuggono ai sensi e alla ragione degli uomini. E poiché in ciascun essere vivente rimane una parte fanciullesca, è a questa che il poeta si rivolge per farla risalire alla luce dal buio in cui era seppellita. La poesia deve essere “pura”, cioè non deve porsi scopi pratici, e il poeta non deve essere oratore e neppure politico, ma soltanto “poeta”. Quando la poesia mantiene la sua purezza e la sua autonomia riesce a ispirare, “senza farlo apposta”, quei valori che rendono migliore l’umanità.
La poesia pascoliana è fortemente simbolica: il poeta canta le cose umili della campagna, gli affetti familiari con un linguaggio abbastanza accessibile e musicale, ma questa semplicità è solo apparente. Per Pascoli infatti la realtà nasconde un significato più profondo che non può essere indagato con gli strumenti della ragione. Gli elementi naturali divengono presenze inquietanti e misteriose che alludono a un mondo altro a cui il poeta si accosta affidandosi ai suoni più che al significato delle parole. Un’altra caratteristica della poesia pascoliana è l’impressionismo: il mondo naturale è rappresentato mediante immagini staccate, simili a pennellate di vari colori che mirano a comunicare al lettore impressioni, sensazioni, stati d’animo. All’impressionismo si affianca l’espressionismo: gli elementi del paesaggio non sono descritti nella loro oggettività, ma vengono isolati dal contesto, ingigantiti, deformati, per cui assumono contorni inquietanti. Il poeta proietta sulla realtà esterna il proprio disagio interiore che lo porta a vedere la natura come qualcosa di minaccioso e sconvolgente. Impressionismo ed espressionismo spesso coesistono nello stesso componimento. Sul piano espressivo la novità più significativa della poesia di Pascoli è il plurilinguismo: nei suoi componimenti coesistono infatti parole quotidiane e letterarie, termini tecnici e scientifici, espressioni dialettali e vocaboli stranieri. Sono inoltre molto frequenti le onomatopee che più che riprodurre realisticamente i suoni si configurano come una sorta di linguaggio pregrammaticale con cui il poeta cerca di penetrare quel mistero di fronte al quale il linguaggio grammaticale mostra tutti i suoi limiti. La stessa funzione svolgono i termini tecnici e scientifici che Pascoli utilizza per indicare con precisione fiori, piante, animali. La puntigliosa precisione del linguaggio pascoliano nasce certamente dal desiderio di offrire una visione il più possibile vasta e varia del mondo naturale, ma anche dalla intuizione che il termine inconsueto spezza e rinnova dall’interno il tradizionale lessico della poesia e diventa mezzo per penetrare il mistero della natura. L’ardito sperimentalismo linguistico e la visione simbolica del reale sono il segno dell’inquietudine esistenziale del poeta, della sua incapacità di orientarsi in un mondo misterioso e oscuro che sfugge a qualsiasi controllo razionale.
Uno dei temi dominanti nella produzione di Giovanni Pascoli è sicuramente la natura. Le sue liriche sono popolate di fiori, uccelli, alberi di tutti i tipi dei quali il poeta si preoccupa di indicare con precisione scientifica il nome specifico. Una delle immagini che più frequentemente ricorrono nella poesia pascoliana è quella del nido con il quale il poeta rappresenta la famiglia, che egli vede come un luogo caldo, chiuso, protettivo del quale fanno parte tutti coloro che sono uniti da legami di sangue, sia vivi sia morti. Tutto ciò che sta fuori dal «nido» è sentito come una minaccia che può da un momento all’altro abbattersi su questo piccolo mondo e distruggerlo. Altri due elementi della natura che ricorrono nella poesia pascoliana sono gli uccelli e i fiori. Ai primi si collega l'immagine del nido familiare. Essi inoltre, in quanto creature aeree, simboleggiano l'evasione dalla realtà dominata dal male verso una condizione di felicità. Agli uccelli Pascoli attribuisce anche una funzione oracolare che riprende tanto dalle magiche credenze del mondo contadino quanto dalla cultura classica. Anche i fiori hanno nell' universo pascoliano un valore simbolico. Essi non compongono uno spettacolo lieto e variopinto, non sono immagini di bellezza. Al contrario sono spesso legati al tema della morte, oppure, per la forma circolare della corolla, diventano simbolo di una vita chiusa, senza rapporti con il mondo esterno dal quale possono giungere solo violenza e morte.
Una fotografia del poeta, Giovanni Pascoli.
La copertina di una delle edizioni della raccolta di poesie Myricae.
Una fotografia del poeta da giovane, nel 1882.
Il poeta insieme alla sorella Mariù.
Lo studio di Pascoli nella casa museo di Barga.