L'affermazione del classicismo. La lezione digitale

L'affermazione del Classicismo è resa possibile da un mutato contesto nella penisola ellenica: il consolidamento della supremazia di Atene e la ricostruzione monumentale della città, avviata sotto il governo di Pericle, permettono alla fase artistica classica di giungere a maturazione. I nuovi equilibri politici e sociali rafforzano la funzione pubblica, politica e religiosa dell'arte, assegnandole il preciso compito di legittimare l'identità culturale del popolo greco.
Cercando di assolvere a questa missione, l'arte instaura un nuovo rapporto con la realtà: accetta l'idea di mimesi, di imitazione del mondo reale, ma al tempo stesso tende verso un modello universale e perfetto.

Chiarirsi le idee. Il Classicismo tra maturazione e nuovi canoni

Nel V sec. a.C., l’egemonia di Atene sulla regione dell’Attica e su larga parte della penisola greca si consolida, grazie anche alle insperate vittorie sui Persiani e al governo di Pericle (461-429 a.C.).

In quella che viene considerata l’età dell’oro di Atene, la fase artistica classica giunse a maturazione con l’avvio del piano di ricostruzione monumentale della città. La concezione dell’arte non cambiò radicalmente, ma i nuovi equilibri sociali ne rafforzarono la funzione pubblica, politica e religiosa, assegnandole il compito di legittimare l’identità civile e culturale del popolo greco. Questo, dal punto di vista tematico e formale, si traduce in un’arte che accetta la mimesis (l’imitazione) del mondo reale, tendendo però a un modello universale e perfetto; fondamentale diventa per gli artisti l’utilizzo di canoni, modelli definiti da regole compositive, volti a raggiungere, attraverso stabilite relazioni, gli ideali di armonia, equilibrio e proporzione. Attraverso di essi gli artisti ricercano relazioni ideali tra le parti di un'opera, che risulta, quindi, il frutto di una riflessione astratta.

Protagonisti assoluti dell’affermazione del classicismo furono Fidia, a cui fu affidato anche il coordinamento per la ricostruzione dell’Acropoli, Mirone di Elèutere e Policleto.

 
Fai il punto sull'affermazione del Classicismo con la presentazione multimediale. 
A che punto sei? Mettiti alla prova con il test interattivo.   Durata del test: 10 minuti
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Dentro l'opera. Il Partenone

Il Partenone fu il primo edificio realizzato sull’Acropoli dopo le Guerre Persiane (499-479 a.C.); deriva il suo nome da ‘Athena Parthènos’, ovvero ‘Atena Vergine’, dea protettrice degli Ateniesi, a cui Fidia dedicò una statua originariamente contenuta all’interno del tempio. Il prestigioso cantiere venne inizialmente avviato dall’architetto Callìcrate nel 465 a.C., che costruì il cosiddetto ‘Antico Partenone’. Pericle, in seguito, incaricò altri architetti di ridefinire un tempio nuovo e più grande: fu realizzato tra il 448 a.C. e il 432 a.C., su progetto di Ictino e Karpion, guidati da Fidia. Venne prestata grandissima attenzione all’applicazione di precise leggi geometriche e di ottica, così da renderlo un modello architettonico ideale di perfezione.

È in marmo pentelico, di ordine dorico, circondato da un peristilio composto da otto colonne sui lati corti e diciassette sui lati lunghi. Alcuni elementi dell’ordine ionico si trovano nella facciata, nell’opistòdomo e nel naòs.

Il Partenone è giunto a noi con un discreto stato di conservazione, sebbene in tempi successivi sia stato utilizzato anche come chiesa cristiana (nel VI sec. d.C.), come moschea, per poi essere utilizzato dai Turchi come polveriera, fatta esplodere nel 1687 da una cannonata della flotta della Repubblica di Venezia.

 
Guarda il video con l'analisi dell'opera, esplora il Partenone con l'immagine 360°, poi mettiti alla prova con il test interattivo.
☉ Durata dell'attività: 20 minuti
 
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Opere a confronto. Il Discobolo e il Doriforo

Come abbiamo visto, il Discobolo di Mirone di Eleutere e il Doriforo di Policleto sono due opere emblematiche del periodo che stai studiando: sanciscono, infatti, il definitivo passaggio dall’arte arcaica a quella classica. Nel Discobolo, un atleta nudo dalla fisicità perfetta è colto nell’atto di lanciare il disco; apparentemente sembra che Mirone abbia voluto cogliere un preciso istante, tuttavia, se si esamina l’opera con attenzione, si vede che la posizione è stata costruita artificiosamente dall’artista proprio per enfatizzare la plasticità del gesto atletico. Allo stesso modo, anche Policleto, nel suo Doriforo, finge di cogliere un attimo di riposo del suo soggetto ‘portatore di lancia’.

Sappiamo, però, che questo non è altro che un procedimento funzionale per farlo diventare perfetta sintesi dell’ideale classicista espresso dal Canone.
Ogni elemento dei due corpi scolpiti, infatti, è realizzato in perfetta proporzione con gli altri: la scultura in questo modo può rappresentare quell'idea di armonia, equilibrio e perfezione ricercata dal Classicismo. Tale perfezione non è poi solo estetica. Infatti, entrambe le sculture incarnano l’ideale greco della kalogagathia greca, principio secondo il quale alla bellezza fisica non può non corrispondere una ricchezza morale.

 
Approfondisci ulteriormente le due opere guardando i video, poi mettiti alla prova con l'attività guidata.
 
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Attività guidata
Prendi un foglio e dividilo a metà; su ciascuna colonna scrivi il titolo delle due opere confrontate (Discobolo, Doriforo). Annota le caratteristiche peculiari delle due sculture nelle rispettive colonne, trascrivi nel mezzo gli elementi comuni che hai riscontrato.
☉ Durata dell'attività: 20 minuti
 

Un passo in più. La policromia nella scultura antica

«Terribile è la mia vita e il mio destino, per colpa della mia bellezza. O potessi imbruttire di colpo, come una statua da cui vengano cancellati i colori, e una parvenza brutta invece della bella assumere!»
[Esclama nell’Elena di Euripide la bellissima moglie di Menelao, re di Sparta, involontaria causa della guerra di Troia]

 

È fondamentale, per un approccio critico alla disciplina studiata, essere consapevoli – quando possibile - dello stato di conservazione attuale di un bene culturale, ovvero del livello di deterioramento a cui è andato incontro dalla sua creazione. Tuttavia, è relativamente recente la scoperta dell’originale policromia delle statue greche e romane; infatti, fino al XVIII secolo, si era concordi con il grande studioso d’arte Johan Joachim Winckelmann (1717-1768), che lodava l’acromia delle sculture greche come bellezza eterea, ideale.

Le successive scoperte archeologiche, tra le quali importantissime furono Ercolano e Pompei (iniziate nel 1738 e 1748), iniziarono a portare tracce sempre più definite della presenza dei colori nell’arte antica. Questi erano vivi e contrastanti, con forte predominanza del rosso e dell’azzurro, del nero e del bianco, distesi a larghe zone piatte. I colori spesso non erano scelti per aderenza alla realtà, ma per convenzioni pittoriche e decorative.

Il bianco è quindi diventato erroneamente il simbolo delle civiltà classiche, ricondotte comunemente a simbolo di purezza assoluta che non può essere intaccata dal colore.

 
Per un approfondimento sul tema della policromia nella scultura classica esplora i seguenti approfondimenti.