Approfondisci la lirica d'amore

Dar voce a un sentimento attraverso le parole e gli strumenti della poesia: è quanto fanno poetesse e poeti che scrivono liriche d'amore. Di origini antiche, la lirica d'amore ha grande fortuna in epoca medievale e rinascimentale, quando attraverso l'opera di autori emblematici si definiscono stilemi e caratteri fondamentali del genere. Dal XIX secolo e, in particolare, nel Novecento il genere conosce inoltre un rinnovamento formale e si apre anche a numerose voci femminili.  

Che cos’è la lirica d'amore?

Nel nostro immaginario la poesia si identifica con l’espressione di emozioni personali e l’amore è, tra queste, la più radicata e sconvolgente. Ciascuno di noi, quando soffre o è felice per amore, ha l’impulso di prendere la penna in mano e “improvvisarsi” poeta, per dare sfogo al proprio sentimento.
Non ci deve quindi stupire il fatto che la poesia d’amore esista fin dalle origini della letteratura occidentale: già gli autori greci e latini esprimevano la loro gioia o la loro sofferenza amorosa nei versi lirici; ed è interessante sottolineare che la letteratura moderna europea nasce proprio con la poesia amorosa in età medievale.
Tuttavia, non dobbiamo cadere nell’ingenuità di pensare che i poeti, spinti da un impellente desiderio di denudare il proprio animo, mettano sul foglio se stessi e i propri sentimenti senza alcun filtro: non è possibile far coincidere appieno i contenuti e le emozioni espresse nella poesia con l’interiorità del suo autore o della sua autrice. Anche dietro ai testi più sofferti e più intimi, infatti, c’è sempre una rielaborazione artistica: chi fa poesia non rappresenta sé stesso o sé stessa, ma l’immagine che intende dare di sé, attraverso un processo di idealizzazione, di controllo, di perfezionamento che non riguarda solo la forma, ma anche il contenuto.

 

Come nasce la lirica d'amore?

Nei secoli dell’alto Medioevo l’amore, in quanto sentimento terreno, era considerato peccaminoso e non degno di interesse letterario: intellettuali e scrittori si dedicavano principalmente a temi religiosi e spirituali. Ma dopo l’anno Mille, in Europa rinasce il gusto per la vita di questo mondo e, con esso, l’esigenza di una letteratura che potremmo definire “laica”: nelle corti francesi del XII secolo i poeti – chiamati trovatori – cominciano a cantare il loro amore per le donne che abitano questi ambienti raffinati, e lo fanno in una lingua che possa essere capita anche dalle dame stesse, la lingua cosiddetta “volgare”, cioè il francese antico.
I componimenti vengono cantati in pubblico, con l’accompagnamento musicale. Il tema principale è l’amore, trattato secondo i canoni cortesi: il poeta può esprimere la sua adorazione per la dama, nobile e bellissima, omaggiarla, dichiararsi suo umile servitore, ma il suo desiderio è destinato a rimanere inappagato perché la donna è quasi sempre sposata o comunque irraggiungibile in quanto di classe sociale più elevata. L’amata è dunque fonte di gioia, esempio di perfezione a cui tendere, ma anche fonte di tormento e sofferenza.
Questa poesia, detta “trobadorica” o “provenzale”, con riferimento all’area geografica in cui si sviluppa, a partire dal XIII secolo si diffonde in tutta Europa, e viene emulata dagli autori delle diverse letterature volgari, che vi apportano modifiche a seconda del proprio contesto storico e culturale specifico.
In Italia, per esempio, i primi poeti volgari a parlare d’amore sono quelli della Scuola siciliana, attivi a Palermo presso la corte dell’imperatore Federico II di Svevia intorno alla metà del Duecento; si tratta di funzionari di corte come Iacopo da Lentini (ca. 1210-ca. 1260), Pier della Vigna (1190-1249) e Guido delle Colonne (ca. 1210-ca. 1287), che riprendono i temi amorosi dei modelli provenzali – come l’omaggio feudale alla dama, la lode delle doti della donna, superiore a tutte le altre, il ritegno a rivelare il proprio amore per timore dei malparlieri, il dolore per la lontananza – e li mettono al centro dei loro versi. Per i poeti della Scuola siciliana la poesia è un modo per esprimere l’appartenenza a una élite e l’amore rappresenta un gioco aristocratico e raffinato.
La lirica d’amore di ispirazione cortese viene ripresa in Toscana dalla Scuola toscana, il cui rappresentante più significativo è Guittone d’Arezzo (1235-1294), e raggiunge la sua massima espressione con il Dolce stil novo, una nuova tendenza poetica che vede tra i suoi massimi esponenti Dante Alighieri (1265-1321), che in seguito se ne stacca, seguendo altre direzioni, Guido Cavalcanti (1258-1300) e Lapo Gianni. Prendendo ispirazione dalla poesia di Guido Guinizzelli (1230-1276), che appartiene alla generazione precedente, questi rimatori si distinguono dalla tradizione siciliana e provenzale per l’adozione di uno stile più limpido e piano e, dal punto di vista dei contenuti, perché propongono una visione più spiritualizzata della donna (presentata come donna-angelo), si concentrano sugli effetti che l’amore produce sull’interiorità del poeta innamorato, sviluppano il tema dell’identificazione tra amore e “gentilezza”: solo chi è “gentile”, cioè nobile d’animo e dotato di grande cultura, può amare e scrivere poesie d’amore.
Nel corso del Trecento Francesco Petrarca (1304-1374) dedica i suoi versi d’amore a un’unica immagine femminile, a cui dà il nome di Laura, e raccoglie tutti i componimenti in un Canzoniere. Il sentimento amoroso è descritto come una passione terrena, destinata a rimanere inappagata, che gli provoca tormento, senso di colpa, illusione e delusione. Laura, pur assumendo tratti più umani delle immagini femminili stilnovistiche e della Beatrice di Dante, resta una figura indefinita e poco concreta. Dal punto di vista dello stile, Petrarca usa una lingua piana, fatta di termini generici e dal suono dolce; evita i termini troppo espressivi, i suoni aspri e costruisce i versi in modo armonico e musicale.
Petrarca avrà un tale successo che, in tutta Europa, per i secoli successivi la poesia amorosa si baserà sul suo modello sia formale che contenutistico: in Inghilterra, William Shakespeare (1564-1616) scriverà sonetti amorosi alla maniera petrarchesca, e anche in Francia e in Spagna il Cinquecento sarà caratterizzato dall’imitazione del poeta italiano.

 

Quali sono le caratteristiche della lirica d'amore?

Il canone della poesia amorosa medievale e rinascimentale

Proprio per via di questo modello univoco, è piuttosto facile indicare alcune caratteristiche ricorrenti della poesia d’amore europea.

  • Il componimento è declinato alla prima persona singolare, perché al centro della poesia è l’io del poeta o della poetessa (io lirico), che esprime i suoi stati d’animo e le sue emozioni.
  • La donna è idealizzata (o “angelicata”), cioè viene presentata come un essere perfetto sia per le sue caratteristiche fisiche sia per quelle morali; molto spesso essa non agisce, ma è quasi una apparizione divina destinata a essere ammirata e lodata da lontano.
  • Conseguenza dell’eccezionalità della donna è l’inadeguatezza del poeta, che si sente a lei inferiore e talvolta dichiara di non essere nemmeno in grado di cantarla in modo appropriato. Questo rapporto tra i due sessi, che mette in risalto l’inferiorità dell’uomo rispetto alla donna amata, è chiamato “servizio d’amore”: l’innamorato presenta alla donna il suo omaggio, si sottomette completamente e obbedisce alle sue volontà, resta in umile adorazione di fronte a lei, fino a diventare una vera e propria statua inanimata.
  • L’amore può essere corrisposto e, quindi, felice: in questo caso, la poesia esprime la condizione di appagamento assoluto che il poeta prova al pensiero della donna amata; si tratta però sempre di un amore più spirituale che fisico.
  • Più spesso, l’amore è infelice e sofferto, o perché la donna non è disponibile, o perché è troppo virtuosa per acconsentire ai desideri del poeta, o perché è lontana e irraggiungibile o morta. In questo caso, la poesia si concentra sulla sofferenza amorosa e sulle sue conseguenze sulla vita e le abitudini dell’innamorato.
  • L’amore, la donna e gli stati d’animo del poeta sono spesso espressi attraverso metafore e similitudini; in particolare, la natura ha un ruolo centrale sia perché offre paragoni per descrivere la bellezza femminile sia perché funge da “specchio dell’anima” dell’innamorato.
  • La forma prediletta è il sonetto.

 

Il controcanone della poesia amorosa

Le sfaccettature con cui l’amore può essere cantato sono ben più numerose di quelle proposte dal “canone” che abbiamo illustrato sopra: molti poeti si sono posti anche in contrapposizione con la visione tradizionale del sentimento, creando forme poetiche alternative.
Proponiamo di seguito alcuni esempi.

  • Si può cantare l’amore fisico, carnale, come nella poesia di Giovan Battista Marino (1569-1625) intitolata Trastulli estivi:

Tra le braccia la strinsi, in sen l’accolsi;
de l’odorato lino
l’abito pellegrino
con frettolosa man le scinsi e sciolsi.

(G. B. Marino, Trastulli estivi, in Amori, Bur, Milano 1995)

 

  • Si può amare una donnanormale”, come la “pastorella” di Guido Cavalcanti, che ha i capelli «biondetti e ricciutelli» (In un boschetto trova’ pasturella); ma si può ritrarre anche una donna brutta e persino cattiva.
  • Si può odiare la donna amata, perché non corrisponde al sentimento, come Dante che nelle Rime petrose immagina di ripagare la donna con la stessa sofferenza provata da lui:

e se Amor me ne sferza,
io mi vendicherei di più di mille.

(D. Alighieri, Così nel mio parlar vogl’esser aspro, in Rime, Le Lettere, Firenze 2002)

 

Come si è evoluta la lirica d'amore nel tempo?

Dalla poesia romantica al Novecento

La poesia lirica mantiene fino al Settecento molte delle caratteristiche della poesia d’ascendenza petrarchesca, soprattutto per quanto riguarda la lingua e le forme metriche.
Dopo il XVIII secolo la letteratura in versi si apre a grandi novità formali e contenutistiche in tutti i suoi generi. Sotto la spinta del movimento romantico, si afferma una nuova concezione dell’arte, non più (o non solo) intesa come attività razionale basata sul rispetto di precise regole codificate dalla tradizione, ma come espressione soggettiva dell’interiorità dell’individuo. Questo si traduce in composizioni caratterizzate da maggiore libertà formale e originalità, che prediligono il sentimento ma esplorano tutti gli aspetti del reale (anche quelli che fino a quel momento non erano considerati “poetici”), e utilizzano un linguaggio nuovo, analogico, immaginoso, che introduce innovazioni dal punto di vista fonico, sintattico, metrico e lessicale.
Il processo di rinnovamento delle forme poetiche iniziato in età romantica giunge a compimento nel Novecento, e continua fino a oggi. Tuttavia, pur nella libertà formale, anche gli autori e le autrici moderni e contemporanei, quando scrivono d’amore, non possono evitare di ricordare e confrontarsi con i topoi, cioè le immagini e le forme ricorrenti, che hanno caratterizzato questo genere letterario per tanti secoli. Ecco di seguito alcuni esempi.

  • Ugo Foscolo (1778-1827), all’inizio del XIX secolo, scrive del rapporto tra l’amore infelice e la natura:

Tu sol mi ascolti, o solitario rivo,
ove ogni notte Amor seco mi mena,
qui affido il pianto e i miei danni descrivo,
qui tutta verso del dolor la piena.

(U. Foscolo, Perché taccia il rumor di mia catena, in Poesie, Bur, Milano 2010)

 

  • Eugenio Montale (1896-1981), nel XX secolo, esprime la superiorità della donna amata in questo modo:

[…] se non seppero
crederti più che donnola o che donna,
con chi dividerò la mia scoperta,
dove seppellirò l’oro che porto,
dove la brace che in me stride se,
lasciandomi, ti volgi dalle scale?

(E. Montale, Se t’hanno assomigliato, in Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1990)

 

  • Il cileno Pablo Neruda (1904-1973) descrive il suo rapporto con l’amata attraverso queste immagini:

[…] sono come pietra bruciata
che d’improvviso, con te, canta, perché riceve
l’acqua dei boschi condotta dalla tua voce.

(P. Neruda, Sonetto XXXIX, in Cento sonetti d’amore, a cura di G. Bellini, Passigli, Firenze 2010)

 

La poesia d'amore scritta dalle donne

Sebbene la letteratura, fino ai nostri tempi, sia stata appannaggio quasi esclusivamente degli uomini, nei secoli passati molte poetesse hanno parlato dei propri sentimenti. Tra queste ricordiamo Compiuta Donzella, pseudonimo di una donna fiorentina vissuta nella seconda metà del Duecento e considerata la prima autrice della letteratura italiana; Gaspara Stampa (1523-1554), autrice veneta del Cinquecento che capovolse il punto di vista della poesia petrarchesca parlando dell’amore di una donna verso un uomo; l’inglese Elizabeth Barrett Browning (1806-1861); infine, le numerose voci della letteratura novecentesca come Antonia Pozzi (1912-1938), Maria Luisa Spaziani (1922-2014), Alda Merini (1931-2009) e Patrizia Cavalli (1947-2022).

 


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Durata dell'attività: 10 minuti

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