A chi appartengono le opere d'arte. Attività operative

Il diritto alla custodia delle opere d’arte

La Convenzione dell’Aja (1954) e la Convenzione sulla circolazione dei beni dell’UNESCO (1970) affermano che il patrimonio culturale è strettamente legato all’identità dei popoli e che l’esportazione di opere dai Paesi occupati rappresenta un atto di violazione del diritto internazionale. Nella lunga e irrisolta contesa sui “marmi di Elgin”, che coinvolge da decenni governi e opinione pubblica, tanto i difensori di Londra quanto quelli di Atene hanno esibito documenti e argomentazioni che attesterebbero il rispettivo diritto a custodire le sculture.

Leggete gli argomenti a favore delle due tesi e poi discutetene in classe.
ARGOMENTI A FAVORE DELLA PERMANENZA DEI MARMI A LONDRA
1. Lord Elgin ha agito legalmente, avendo avuto il permesso dal governo ottomano, così come legale è l’acquisizione da parte del British Museum, attestata da documenti. Lo statuto del museo, inoltre, proibisce esplicitamente l’alienazione di opere della sua collezione.
2. Lord Elgin ha avuto il merito di salvare opere che, a causa delle circostanze storiche, versavano in una condizione di abbandono. Egli, peraltro, si rivolse a Canova per sottoporle a restauro, intervento che lo scultore italiano di Possagno considerò inopportuno.
3. I “marmi di Elgin” rappresentano solo il caso più conosciuto di una pratica assai diffusa fino all’inizio del Novecento: lo scavo archeologico improvvisato e illegale, spesso trasformato in saccheggio. Tale pratica era sostenuta dalla competizione tra le potenze coloniali, che facevano delle testimonianze sottratte alla Grecia e al Vicino Oriente una misura del loro prestigio internazionale.
4. Il governo greco pecca di provincialismo, in quanto rivendica i marmi come simboli di identità nazionale. Il mondo contemporaneo va sempre di più verso un’idea di “museo universale”, di cui ogni sito e ogni museo rappresentano una parte.
5. La restituzione dei marmi costituirebbe un precedente per altri Paesi per richiedere la restituzione di beni artistici sottratti al loro contesto storico in seguito a guerre, occupazioni o altre situazioni di crisi. Va ricordato che frammenti della decorazione scultorea del Partenone si trovano anche ai Musei Vaticani e al Museo Archeologico Regionale di Palermo.
6. È poco realistico pensare che un antico complesso architettonico possa essere ricomposto raccogliendone le parti disperse in siti e in sedi museali diverse; ciò che è giunto fino a noi, d’altra parte, presenta i segni della propria storia e le sue trasformazioni devono essere considerate come parte integrante e valore testimoniale.

ARGOMENTI A FAVORE DELLA RESTITUZIONE DEI MARMI AD ATENE
1. Il documento che avrebbe accordato a Lord Elgin la rimozione dei marmi non è giunto a noi, quindi non sono chiari i limiti imposti dalle autorità ottomane alla sua azione. In ogni caso il permesso gli sarebbe stato accordato da funzionari turchi ad Atene e non dal sultano, come attesterebbe una lettera scritta nel 1811 dall’ambasciatore britannico a Istanbul, Robert Adair.
2. I procedimenti utilizzati per la rimozione dei marmi hanno danneggiato tanto le sculture quanto la struttura dell’edificio; una volta a Londra, poi, le operazioni di pulitura e di restauro sono state eseguite con metodi discutibili, che hanno comportato anche la definitiva rimozione delle tracce di colore.
3. La presenza dei marmi del Partenone al British Museum non rende giustizia di una storia coloniale e di depredazione. All’inizio dell’Ottocento la penisola ellenica faceva parte dell’Impero ottomano e dunque il permesso di asportare i marmi è stato concesso da un’autorità non riconosciuta dalla Grecia.
4. Il governo greco non richiede la restituzione delle altre opere presenti nei musei di tutto il mondo; esso, anzi, li ritiene veicolo di affermazione del valore universale della cultura ellenica.
5. La Convenzione per la protezione del Patrimonio mondiale dell’UNESCO del 1972 ha affermato il principio dell’integrità dei monumenti, introducendo la prospettiva della riunione delle parti mutilate. I marmi del Partenone non possono essere considerati al pari di sculture mobili o di manufatti d’uso, ma come parti inseparabili di un insieme concepito in modo unitario.
6. Tra il 2008 e il 2010, il “frammento di Palermo”, prelevato da Lord Elgin dal Partenone e consegnato al console britannico in Sicilia, è stato restituito ad Atene per volontà del governo italiano, in risposta alla campagna di sensibilizzazione sostenuta dalla Grecia per il rientro dei reperti esportati senza un riconosciuto diritto legale.
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