I popoli italici nell'Età del ferro. La lezione digitale
Dall’Età del ferro (I millennio a.C.) si stanziano nella penisola italica popoli nuovi, differenziati per lingua e tradizioni culturali, che, tuttavia, presentano dei caratteri comuni: vivono in insediamenti stabili di piccole e medie dimensioni, cremano i defunti e depongono le ceneri in urne interrate, effettuano scambi con le altre popolazioni italiche e con i Greci.
Connesse fra loro da una rete di scambi sia con l’Europa continentale sia con l’area del Mediterraneo, ma aperte anche ai contatti l’Oriente, queste popolazioni diedero vita a entità statali spesso federali, con centri che si trasformarono gradualmente da vasti villaggi a realtà urbane ben organizzate.
Chiarirsi le idee. L'Italia dei popoli e delle regioni
Fino alla tarda Età del bronzo (II millennio a.C.) i gruppi stanziati nella penisola italiana mostrano una notevole arretratezza culturale e un’organizzazione non paragonabile a quella degli altri popoli del Mediterraneo orientale. Con l’Età del ferro prende avvio la trasformazione delle culture dell’Italia protostorica in popoli dall’identità definita.
Nel Nord Italia la cultura è influenzata da contatti con l’Europa centrale ed emergono Celti, Camuni, Liguri e Veneti; nel Centro Italia dalla cultura villanoviana si sviluppa la civiltà etrusca, mentre vanno ricordati anche Umbri, Sabini, Latini, Volsci ed Equi. Nel Sud Italia, invece, la cultura è influenzata dai rapporti con le colonie greche; tra le numerose civiltà di questo territorio ricordiamo Iàpigi, Lucani, Siculi e Sicani.
L’arte dei popoli italici riflette la frammentazione caratterizzante il territorio. Tra l’VIII sec. a.C., periodo in cui iniziano a definirsi le caratteristiche delle singole popolazioni, e il I sec. a.C., quando sulla penisola si afferma il completo dominio di Roma, i diversi popoli italici esprimo un’arte che possa essere utile alle emergenti richieste del loro contesto socio-culturale, differenziandosi con caratteristiche peculiari da zona a zona.Dentro l'opera. Il Guerriero di Capestrano
Sul territorio appenninico, a margine degli stanziamenti di popolazioni picene e umbro-sabelle, nel 1934 fu rinvenuta una grande statua nota come Guerriero di Capestrano, una scultura in calcare con parti in rilievo, dipinte di colore rosso. La statua, scolpita in pietra locale, ha dimensioni monumentali: misura infatti 223 centimetri di altezza. L’opera risale al IV sec. a.C. e ritrae probabilmente un capo tribù; l’inquadramento nei pilastri laterali che la sorreggono lasciano pensare che la statua sia stata è stata concepita per le sole visioni frontale e posteriore. Incisi su di essa sono leggibili i nomi dell’autore, Aninis, e del committente, il re Nevio Pompuledio.
Passato e presente dialogano nell’incontro tra il Guerriero di Capestrano, icona della scultura arcaica italica, e l’artista contemporaneo Mimmo Paladino, il cui stile ricco di segni e forme geometriche rievoca mondi arcaici e fantastici.
Scarica l'approfondimento e scopri di più sul legame tra il Guerriero di Capestrano e Mimmo Paladino.